I giorni di Piazza Tahrir

Una narrazione effervescente, propulsiva, da parte di uno dei protagonisti de “I giorni di piazza Tahrir”, la piazza nel cuore del Cairo che ha saputo sorprendere il mondo con la sua rivoluzione pacifica e non violenta che Mohamed Shoair, giovane e brillante giornalista egiziano, non esita a chiamare rivoluzione che ride poiché: “Per la prima volta assistiamo a movimenti di protesta o rivoluzioni che abbattono il dittatore cantando e ballando, ascoltando musica e declamando poesie”.

14,00

COD: ISBN 978-88-6278-017-9 Categoria:

Descrizione

I giorni di piazza Tahrir di Mohamed Shoair Una narrazione effervescente, propulsiva, da parte di uno dei protagonisti de “I giorni di piazza Tahrir”, la piazza nel cuore del Cairo che ha saputo sorprendere il mondo con la sua rivoluzione pacifica e non violenta che Mohamed Shoair, giovane e brillante giornalista egiziano, non esita a chiamare rivoluzione che ride poiché: “Per la prima volta assistiamo a movimenti di protesta o rivoluzioni che abbattono il dittatore cantando e ballando, ascoltando musica e declamando poesie”. Così questo piccolo libro di Shoair ci fa entrare direttamente nel fuoco percussivo di piazza Tahrir, ci riporta le voci, i desideri, le strategie, le attese, il coraggio di “Giovani e vecchi. Uomini e donne. Musulmani e cristiani. Professori universitari e analfabeti” che insieme hanno abbattuto a mani nude il regime autorizzato di Hosni Mubarak che per anni li ha oppressi. Da Tunisi al Cairo, da Damasco a Bengasi a San’à, a Sud del Mediterraneo, in queste settimane di rivolte i giovani del mondo arabo si sono mossi in una luce nuova che smentisce tutti i luoghi comuni a proposito dell’arretratezza antimoderna dei Paesi arabi, della mancanza di una società civile, dell’impossibilità dei musulmani di accedere a una propria idea di democrazia. Probabilmente il mondo di paura e terrore diffuso a partire dall’11 settembre 2001 è finito nella gioiosa macchina di piazza Tahrir che ha fatto tacere persino il terrorismo. Ma adesso sta a una Italia malata e a un’Europa rapace porgere le orecchie per ascoltare e supportare quelle possibilità di democrazia e dire per una volta: “siamo tutti egiziani”.