Il cammino di Giona
“Questa non è più che una vecchia faccenda. Impossibile. Molte cose sono cambiate, il ventre della balena ha cambiato tutto. Chi sono adesso? Un altro Giona di sicuro. Giona straziato dalla nostalgia di Tarsis, dove non farà più ritorno. Giona umiliato da Ninive, la cui ferita non si rimarginerà mai più. Giona ingoiato dalla balena per tre giorni e tre notti, senza luna né sole, né vento, né alberi, né un’anima amica, in un deserto di sassi che genera furore e ceneri, come un vulcano in eruzione!”.
14,00€
Descrizione
Un dialogo serrato fra Giona, il profeta e l’arcangelo Gabriele pervade questa pièce teatrale “Il cammino di Giona” di Jabbar Yassin Hussin. Gabriele inviato da Dio ha il compito di convincere Giona a tornare a Ninive per indurre i suoi abitanti a pentirsi dalle loro colpe di amanti del denaro, della corruzione e dell’ignoranza. Giona, ormai stanco e deluso non vuole tornare a Ninive, ma soprattutto, non vuole più assumersi il ruolo di profeta salvatore dei suoi abitanti. Il Giona di Jabbar Yassin Hussin, calato fra il passato e il presente, sulle tracce dell’antico testamento, ma anche del Corano, appare un personaggio riluttante, demotivato, ironico, che vuole sfuggire al destino che dall’alto gli è assegnato. “Quale strada e quale fine?” chiede Giona, poeta e profeta spiaggiato, se Ninive non vuole ascoltare e comprendere che danza sull’orlo della distruzione e dell’autodistruzione. Conoscendo la storia dell’esilio e del ritorno del poeta Jabbar Yassin a Baghdad, ho sentito la metafora di Giona vicina e assimilabile all’autore. La speranza di poter fare qualcosa per salvare la sua Ninive Baghdad e lo strazio di vederla sprofondare in questi anni, dopo la fine del dispotismo saddamita, nel terrorismo e nel degrado. Giona nel ventre della balena si ritroverà nello stomaco di un’assordante, rutilante New York, metafora di una attuale “Ninive della fine”. Là dentro, il profeta, migrante senza nome e senza terra, comprenderà di essere prigioniero nel mezzo di “un’apocalisse permante!” dove si progetta di “far marcire il mondo”. Sarà per questo che Giona il folle, Giona il poeta visionario, dopo che ha tentato ogni cosa per redimere con le sue metafore Ninive, fuoriuscito dal ventre della balena, chiederà a Gabriele, di essere “lasciato libero” di coltivare il suo giardino, sgombro dal terribile compito di predicare al mondo la salvezza.