La stagione delle rose
Era come se tutte le cose fossero distanti da me. Guardavo con distacco quel che mi succedeva intorno, come se mi trovassi in un luogo lontano e profondo. Le voci non raggiungevano le mie orecchie. Nelle ore in cui sedevo sotto la pergola, ero come una persona che ricorda con dolore qualcuno che è stato confinato in un passato remoto. La freschezza della mia giovinezza era rimasta accanto al giovanotto che avevo perso. Guardavo entrambi, si allontanavano insieme.
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Descrizione
Un foglio spiegazzato, con poche righe in ottomano scolorite sulle pieghe per l’usura del tempo e un sigillo ufficiale di colore viola dell’esercito turco: è dal ritrovamento di questa lettera, tra le carte che sostengono un vecchio quanto nobile cappello, che la narrazione si snoda, in un florido e instancabile andirivieni di ricordi che ripercorrono l’intera storia dell’ormai settantenne signora Mesaadet.
Mesaadet si accorge di aver speso una vita nello sforzo costante e apparentemente semplice di preservare e rinsaldare la ricchezza dei suoi genitori, nobili dell’Impero Ottomano, il cui sgretolamento segna l’esordio della Guerra Anatolica combattuta dai turchi contro i greci, terminata con l’instaurazione della Repubblica di Turchia. È nel frangente della guerra che s’inserisce l’amore giovanile per Rüştü Şahin, un giovanotto brillante di İzmir, che si arruola nelle truppe dell’esercito turco in nome degli ideali di libertà e di giustizia, con la promessa di tornare dalla sua donna per portarla con sé, nei quartieri poveri ma vivaci della sua città. La confusione indotta dallo stato di guerra, i campi bucati dalle mitraglie e le braccia e le gambe sparse qua e là, fanno eco con un vissuto doloroso che Mesaadet sperimenta quando la guerra la priva del suo primo amore, ponendola a tu per tu con l’esperienza della perdita.
Mesaadet sprofonda in una malattia insidiosa, logorante e senza febbre, che la costringe ad allontanarsi dai saloni e dai ricevimenti; smarrisce i concetti di vicinanza e di lontananza, procurandosi lividi sulle braccia e sulle gambe contro gli stipiti delle porte e rompendo gli oggetti. Interno ed esterno si rispecchiano fino a confondersi, a compenetrarsi, a risucchiarsi l’uno nell’altro. Nella solitudine della sua vecchiaia, relegata in un angolo del palazzo, dimenticata dai figli per i quali non è che un portafoglio, Mesaadet scopre in quell’amore l’unica cosa vera della sua vita; sensualità, passione, tenerezza e assillo si mescolano facendo da contraltare alla compostezza, all’ordine, all’equilibrio studiato e calcolato, al matrimonio opportuno, ai figli generati da notti senza piacere degli anni successivi. Riscrivere ogni domenica, attraverso il ricordo rianimato dal ritrovamento della carta, le pagine di quel suo primo e appassionato amore da sedicenne, intatto come un dente d’avorio, è la maniera che trova per risignificare la sua vita e continuare ad ardere. Nonostante tutto.