Uno per uno
«Bisogna avere le orecchie tese». Leggere tra le pieghe il testo del paziente, per definire la sua diagnosi, che è sempre, dice Lacan, una diagnosi strutturale. Formularla significa darsi il tempo di rintracciare il rapporto che il soggetto ha con l’Altro, con il desiderio, con il godimento. Saggiare l’esito difensivo di un incontro, del vis-à-vis che il soggetto ha in origine esperito con la castrazione. Ovvero individuare gli intoppi o la fluidità della sua antropogenesi, del passaggio, delicato, da essere vivente ad essere umano.
Il libro ha il pregio di condurre il lettore in un’atmosfera di temperata Zeigarnick, di ricercata sospensione nella quale le tre grandi strutture psichiche – nevrosi, psicosi, perversione –a poco a poco si rivelano sotto i suoi occhi. Mettendolo al riparo dall’inciampo cui l’analista meno avvezzo alla diagnosi in genere si espone: desumere la struttura dal sintomo o, tanto peggio, dal fenomeno.
La clinica ‘capitoneggia’ in quanto risignifica, après-coup, il lavoro dell’autore. Gli analizzanti tratteggiati, infatti, ascrivono alle tre strutture psichiche infinite nuance, testimoniando di come ciascuna si declini in ragione della particolarità soggettiva di chi l’assume. Un’operazione che restituisce alla teoria lacaniana il suo senso più profondo: cogliere nella diagnosi non già un’occasione per patologizzare il singolo ma per riconoscergli il suo modo, originale, di stare al mondo.
18,00€